16 Dicembre 2010L’ANGELO IN ESILIO: LA PAROLA ESPROPRIANTE NEI VERSI DI PAUL CELAN E NELL’ARTE DI FRANCIS BACON

Conferenza di Laura Darsié: L’angelo in esilio: la parola espropriante nei versi di Paul Celan e nell’arte di Francis BaconInterviene Gustavo Bonora https://youtu.be/6mIXA9JsxT8 Ciclo del seminarioL’esilio dell’inconscio nella nostra modernitàGli incontri del Seminario si svolgono attraverso conferenze, presentazioni di libri, giornate di studio, convegni. L’intento è quello di promuovere un confronto e un dibattito sui temi cruciali che l’attuale legame sociale, il discorso dominante della nostra modernità, continua a proporci. In particolare sulle questioni poste alla psicanalisi dalla difficoltà nell’assunzione di una posizione etica soggettiva, dalla clinica dei nuovi sintomi, dalle differenti forme assunte dal disagio nella civiltà… Ore 21 presso Babadieci (CentroMetis) - Corso Buenos Aires 64ID (3° piano) Il programma

10 Settembre 2010“Fili di soli” nel silenzio della notte

Un progetto teatrale su testi di Paul Celan a cura di Laura DarsiéRegia di Doris Merz Interpreti: Enrico De Dominicis – l\'uomo della modernitàEvelin Paetz – l\'angelo della poesia Musiche di Padre Giuseppe MagrinoDisegno luci di Mario CarofiglioScenografie e costumi di Walter Granuzzo e Sieglinde Michaeler Si ringraziano in particolare:Eric Celan e Bertrand Badiou per l\'autorizzazione alle traduzioni di scena;Christian Bertram per la collaborazione e Rosalba Maletta per la consulenza alle traduzioni https://youtu.be/tCVDcgsOE7A Spettacolo Teatrale \"\"Fili di soli\" nel silenzio della notte\" a cura di Laura Darsié Nelle ombre dell’Umbria... i bagliori di Celan di Laura Darsié Il poema Assisi, emblema celaniano di un’invocazione alla consolazione, si eleva come canto notturno nel silenzio spirituale della Notte umbra – “notte delle ombre” per eccellenza – dove il gioco di parole latine umbra-umbraerimanda originariamente alle ombre dell’Umbria, aloni incontornabili di una parola obliata e affiorata flebilmente fra le tenebre della storia. Da qui l’ispirazione di un poema i cui temi ricorrenti sono riconducibili a una sorta di cantico creaturale (la creaturalità – Kreatürlichkeit per Celan – è dimensione preminente della scrittura), dove il mònito all’asinello (Grautier), simbolo ricorrente nell’agiografia di San Francesco, suona come esortazione ad avvicinarsi, al farsi strada a stento nella neve (im Schnee), davanti a una parola vinta al silenzio che si appella disperata al conforto dello splendore (Glanz) francescano. Versi di una purezza inarrivabile, testimonianza di una poesia tutta novecentesca che rinasce ai margini di se stessa, dove emblematico è il contrasto fra l’indicibilità di una parola devastata dalla storia e il tentativo paradossale di isolarne il senso all’ombra di una pietra che parla nel silenzio: «È la pietra, tu dici, lei può parlare» canterà altrove Celan, conferendole quello statuto creaturale di messaggio in bottiglia nella speranza di un approdo alla terra del cuore. È all’ombra della parola celaniana che lo spettacolo teatrale “Fili di soli” nel silenzio della notte – in omaggio al quarantennale della scomparsa del poeta – intende restituire un lucore silenzioso, messaggio poetico di un bagliore a intermittenza che fa breccia nella notte delle ombre, insinuandosi nella piega di una crisi epocale irrevocabilmente travolta dalle pseudo-certezze di una modernità divenuta sorda alla chiamata dell’Angelo. Si tratta della complessa relazione fra uomo della modernità e Angelo della poesia, dove l’effetto scenico è quello di una continua intermittenza fra silenzio e parola lungo il filo di una tensione costante che mette in scena i bisogni e le paure dell’uomo contemporaneo per svelarne il destino solitario di un’anima fragile e tormentata.Filo di sole, parola tragica e salvifica ad un tempo, in un’epoca di povertà – una povertà tutta francescana dove proprio la parola più nuda si fa stella della sera di Rilkiana memoria. Fra quelle pieghe silenziose fatte di ombra, tenebra e oscurità, affiora una poesia solitaria che – come afferma Paul Celan – «può divenire dialogo – spesso un dialogo disperato». A fare da sfondo è la “notte sacra”, luogo di intimistica spiritualità che si dispone umilmente alla luce della parola. In questa notte, “mezzanotte del mondo”, la parola è Blindenwort,“fiore di cieco”, rosa notturna che si svela nella sua lontananza e fragilità. Fragilità tutta creaturale che consente di affiancare i testi poetici di Paul Celan e alcune poesie di Giuseppe Ungaretti – presenti nella messa in scena e inerenti alla poetica celaniana – alle creature di San Francesco. Un legame, questo, ­reso possibile dal viaggio che Celan compie nel novembre del 1953 ad Assisi, insieme alla moglie Gisèle, dopo la morte del figlio François, il cui nome svela già un nesso profondo con la memoria del Santo. Ad attestare ciò sono anche le letture di Celan di alcune agiografie di Francesco narrate da G.K. Chesterton e da Tommaso da Celano – dal quale deriva per ammissione diretta lo pseudonimo “Celan”. Ma c’è di più: fra i numerosi riferimenti alle vicende francescane, di cui il poema Assisi è evidente testimonianza, il poeta viene affascinato dalla figura di un ulteriore biografo, seguace di Francesco fino alla fine dei suoi giorni, il cui nome è Angelo. Sarà la dicitura della forma italiana a suggerire a Celan un’assonanza destinale con il proprio nome originario rumeno “Antschel”– successivamente anagrammato in “Celan” – legandolo poeticamente alla memoria del santo. Una vicinanza quella fra Celan e Francesco, che si vela di un mistero luminoso di amore e pietas, svelato dal silenzio sacro delle ombre dell’Umbria. In questo luogo utopico, la luce della Parola poetica testimonia il segreto di un incontro, laddove, al confine con l’indicibile, si custodisce come ineluttabile l’esperienza del dolore, cifra tragica della finitezza umana: nello spezzamento è lo strappo alla sacralità del cielo cantata sulla terra all’ombra di un’amorosa lontananza. «Per la morte! C’è vita! Dice vero chi dice ombra» dove ombra, pietra, terra, neve, morte e splendore appartengono a una sorta di lessico elementare che si eleva oltre un “deserto grigio-nero” (grauschwarzen Ödnis) per librarsi in un canto che si innalza al cielo, nella restituzione della Parola alla sua innocenza creaturale, come cantano i mirabili versi: Fili di soli / sul deserto grigio-nero. / Un pensiero/ad altezza d’albero / afferra il tono di luce: / ci sono / ancora canti da cantare, oltre / gli uomini.

14 Febbraio 2009Nei panni degli Altri

Si tratta in breve, di un viaggio che identifica nella dissonanza una poetica volta a esprimere contaminazioni via via crescenti a partire dai quadri musicali di Charles Ives per giungere all\'evoluzione della dissonanza nel free jazz degli anni Sessanta come genere in cui la musica diventa un vero e proprio lessico spirituale atto ad esprimere l\'esigenza di libertà nella formulazione di un linguaggio comune nell\'incontro fra le diverse culture. In questa ottica, i codici estetici di Miles Davis, e la sua genialità artistica nell\'interpretare generi musicali di culture differenti in diversi momenti storici, rappresenta una testimonianza vivente dello spirito universale della musica, l\'unico, cioè, in grado di coniugare il logico con l\'illogico, il consonante con il dissonante. Parafrasando Schopenhauer, la musica – come espressione diretta della natura – è, rispetto alle altre arti, l\'unica più vicina al cuore del mondo. link al programma (PDF) Comunicato convegno “Nei panni degli altri” Curatori del convegno: Laura Darsié, Vinicio Ongini Nei panni degli altri. Pensare la diversità, educare all’intercultura”. è il titolo del convegno che si è svolto a Firenze sabato 14 febbraio. La giornata di studi sul tema degli intrecci e della trasversalità culturale è stato promosso dall’assessorato alla Pubblica istruzione e dalla commissione Cultura Istruzione Sport del Comune. Scrittori, antropologi, esperti di moda, psicanalisti e musicisti di provenienza italiana e straniera, si sono confrontati sull’argomento dell’interculturalità puntando l’attenzione sul tema della diversità e dell’accoglienza dell’altro, proponendo storie di intrecci, viaggi, migrazioni e incontri. Nel corso del convegno ogni ospite ha portato esempi significativi degli scambi che stanno ridisegnando la mappa culturale del nuovo millennio, in spregio alle cronache che del rapporto tra popoli mettono in luce soltanto gli attriti. Interventi appassionati e di grande interesse sono stati quello dello scrittore sardo Flavio Soriga, (vincitore del Premio Italo Calvino nel 2000) sull’invasione degli stranieri in Sardegna interpretata come contagio narrativo; Vinicio Ongini, che con un intervento sulla fiaba di Cenerentola, ha puntato l’attenzione sul “mettersi nelle scarpe degli altri”, come metafora dell’interculturalità della fiaba.; Davide Zoletto, docente universitario di Udine ha poi parlato dell’intercultura a partire dai giochi; è poi intervenuta, Ribka Sibathu, scrittrice eritrea e mediatrice per l’educazione interculturale al Ministero della Pubblica Istruzione. Infine, Laura Darsié, curatrice del convegno e psicanalista insieme al jazzista Alessandro Di Puccio, hanno parlato dell’interculturalità della musica con un intervento che ha ripercorso la storia del jazz a partire dalle sue radici di contaminazione per giungere al fenomeno della New Thing degli anni Sessanta e della Rivoluzione Nera di quegli anni negli Stati Uniti. Nel corso della relazione, riguardante “La poetica della dissonanza” è emerso come nell’incontro fra diverse culture, il tema della dissonanza riguardi la possibilità di coniugare logico e illogico, consonanze e dissonanze, nella ricerca di un luogo musicale di convivenza con lo “stonato”, in una società che ci vuole “intonati” a tutti i costi. A chiudere la giornata, l’Orchestra Musipolitana di Alessandro Di Puccio con i brani della tradizione popolare di Iran, Isola Di Capo Verde, Portogallo, Burkina Faso e Tarantella del Gargano.

29 Febbraio 2008“Fatti una veste di campanelli d’oro!…”

Venerdì, 29 febbraio dalle 10.30 alle 17, al Saloncino del teatro della Pergola di Firenze si terrà un convegno sulla fiaba dal titolo: “Fatti una veste di campanellini d’oro!..., organizzato dal Comune di Firenze, Assessorato alla Pubblica Istruzione, in collaborazione con l’ETI (Ente teatrale italiano), ideazione e realizzazione di Laura Darsié, (Movimento psicoanalitico Nodi Freudiani, Firenze). https://youtu.be/DBRebZCMC_g Fra gli interventi, Vinicio Ongini, esperto per l’educazione interculturale del Ministero della Pubblica Istruzione, Mariapia Bobbioni, esperta di design e moda del Politecnico di Milano, psicoanalisti della fiaba, registi e costumisti teatrali. Il tutto accompagnato da performance teatrali e proiezioni di abiti fiabeschi. Il convegno“Fatti una veste di campanellini d’oro!..” ha come obiettivo quello di valorizzare attraverso un percorso teorico e teatrale le risorse creative e interpretative degli di insegnanti, operatori e cultori offrendo la preziosa opportunità di entrare in modo più approfondito nel mondo simbolico della fiaba. Questa giornata di studi consentirà di comprendere a fondo quanto la fiaba, attraverso i suoi oggetti magici, quali galanterie, rubini meravigliosi, abiti splendenti e scarpette fatate, possa rispecchiare e risvegliare alcuni lati nascosti e inesplorati della nostra vita interiore. Immergersi nel percorso di una fiaba e nella sua simbologia significa viverne il significato più profondo. Anche l’esperienza teatrale, il percorso visivo attraverso i costumi gli oggetti e la scenografia della fiaba, ci consentono di entrare nella metafora viva della narrazione intesa come rappresentazione di un palcoscenico interiore. L’affabulazione e la rappresentazione scenica di una fiaba fanno risuonare in noi più voci ed improvvisamente tornano alla memoria scene del nostro “romanzo familiare”. Domani, al Teatro della Pergola, il convegno sulle fiabe.La fiaba: racconto per i bambini ma anche proiezione, più o meno inconscia, del proprio “io”, della personalità di chi la scrive ma anche di chi la legge e vi si appassiona, rivedendo, nei protagonisti, un po’ di se stesso. Perché la fiaba nasce per allietare i più piccoli ma poi, spesso e volentieri, ammalia anche i più grandi. Il film “Miss Potter”, con l’attrice Renée Zellweger, “docet”. continua a leggere su sito Città di Firenze