Uno studio sull’uomo e il “suo doppio” nella cinematografia di Kubrick
Stanley Kubrick è uno dei cineasti intorno alla cui opera si è più discusso poiché numerosi sono stati i tentativi di analizzare la sua personalità e di interpretare i contenuti dei suoi lavori cinematografici.
Uno dei temi fondamentali del messaggio kubrickiano è quello che gravita intorno all’uomo nella sua continua ricerca di un principio d’individuazione che passa attraverso il dialogo con se stesso, in un confronto continuo con le sue maschere, nell’esplorazione parallela di un “altro da sé” che lo abita profondamente. È infatti il tema dell’Altro a caratterizzare il filo rosso di questa iniziativa, attraverso un percorso che prendendo le mosse dal pensiero filosofico, porti a comprendere meglio l’opera di Kubrick nell’evoluzione storica della sua produzione, aprendosi alla psicologia del profondo e all’utilizzo della musica nei suoi film, nell’affiancamento coerente di quella tecnica cinematografica che si focalizza sulla scelta consapevole di determinate inquadrature di ripresa.
La struttura dell’evento, focalizzandosi su uno studio che indaghi l’uomo e il suo doppio, si incentrerà inizialmente su quel significato filosofico di “persona” che già nel Medioevo individuava nella sua origine etimologica il concetto di “maschera”. Così affermava Boezio, a proposito della “maschera” nella recitazione drammaturgica degli antichi greci:
«il termine persona si riferisce a quelle maschere che nelle commedie e nelle tragedie rappresentavano i personaggi che vi prendevano parte. “Persona” deriva da per-sonare con la penultima sillaba lunga. Se si ponga un accento acuto sulla terz’ultima, si vedrà chiaramente che il termine deriva da sonus. È per questo motivo che a causa della cavità della maschera, il suono emesso, risulta necessariamente maggiore» .
“Persona”, dunque, come risuonare. Un suono, questo, che dice di un luogo in cui mente e corpo vengono a interagire attraverso una maschera. Secondo i latini, infatti, il senso globale del termine “persona” si costituisce a partire dall’idea stessa di maschera, più che da quella di volto o di sembiante: la nozione di un determinato ruolo da giocare nella vita diventa così preminente senza che l’origine corporea del termine venga perduta. La persona viene così a significare ad un tempo il luogo mascherato del corpo, cioè il volto, attraverso cui risuona una “voce altra”.
Il tema dell’altro a cui siamo ricondotti a partire dalla maschera nel suo ri-suonare, consente di accedere al tema del doppio così come viene affrontato nella poetica cinematografica e musicale di Kubrick. Operando un percorso a ritroso lungo la sua produzione, non è difficile individuare in Eyes wide shut – considerato una sorta di confessione autobiografica a testimonianza di un atto di autoriflessione poetica del regista – il filo rosso del “doppio” sullo spunto del testo di Arthur Scnitzler “Doppio sogno”, dove il significato di maschera inteso come ombra e doppio dell’uomo emerge così prorompente da essere poi rintracciato e diversamente sviluppato nelle trame dei film ad esso precedenti. Se infatti, ad un primo sguardo, la filmografia di Kubrick risulta estremamente eterogenea dal punto di vista dei registri trattati (le trame, le ambientazioni, le epoche e i personaggi dei suoi film sono fra loro estremamente lontani) d’altro canto è pur vero che, focalizzando l’indagine su un’attenta analisi riguardante il tema del “doppio” – inteso come quel lato nascosto in cui si svela l’ombra dell’uomo – il filo rosso risulta comune.
Grazie all’intervento di esperti provenienti da vari campi del sapere a confronto con il cinema di Kubrick, l’evento in oggetto – nell’analisi di alcuni film come Full Metal Jacket, Barry Lyndon, Shining e Eyes wide shut – ha l’intento di affrontare il tema dell’ombra da più punti di vista: un primo sguardo verterà sulla composizione cinematografica dell’immagine, sull’uso dei piani sequenza e sull’utilizzo di “simmetrie” geometriche giocate in una dimensione onirica, nell’esperienza di quella fascinazione dove lo spettatore non riesce più a distinguere il piano del sogno da quello del reale; altri interventi si concentreranno sull’impiego della musica non tanto come colonna sonora di supporto all’immagine, quanto piuttosto come parte integrante della stessa struttura della trama; il tutto poi, verrà inquadrato in un orizzonte che, nell’esplorazione di alcuni fra i film più significativi di Kubrick, si accosterà a quei temi del pensiero e della psiche che delineano il rapporto fra l’uomo e la sua ombra.